venerdì , 19 Aprile 2024

WWF:Tutti i pericoli di Ombrina Mare

Questa mattina il WWF Abruzzo, in una conferenza stampa a Pescara, ha ribadito la sua opposizione al progetto e più in generale ad una politica energetica ancora basata sulle fonti fossili.

Alla conferenza erano presenti la Dott.ssa Loredana Pompilio, ricercatrice, ed il Prof. Francesco Stoppa, entrambi del Dipartimento di Scienze Psicologiche, Umanistiche e del Territorio dell’Università Gabriele D’Annunzio, che da tempo seguono il progetto Ombrina Mare.

La Dott.ssa Pompilio ha evidenziato i limiti dell’impostazione dello studio di impatto presentato dalla Medoilgas Italia SpA, limiti, purtroppo, comuni a tanti altri studi del genere: “In Italia, la Valutazione di Impatto Ambientale consiste nell’analisi di studi di impatto redatti dalle stesse Aziende che propongono la realizzazione di impianti industriali. Tali studi sono redatti in formato standard e contengono considerazioni talora superficiali e/o ambigue sulla reale o presunta entità dell’impatto delle attività proposte sull’ambiente e, in ultima analisi, sulla salute umana. Emblematica l’analisi della possibile degradazione della qualità dell’aria ad opera di sostanze chimiche rilasciate in atmosfera. In genere gli studi di impatto – e lo studio della MedoilGas Italia S.p.A. per Ombrina Mare non fa eccezione – propongono un modello di dispersione degli inquinanti sulla base di un input di dati meteorologici su scala annuale: si prende come riferimento una annualità e si utilizzano i parametri meteorologici (pressione, temperatura, direzione e velocità del vento, altezza di rimescolamento, ecc.) calcolati da modelli matematici di simulazione per quella stessa annualità. Ma questo approccio alla simulazione della dispersione degli inquinanti atmosferici ed alla conseguente degradazione della qualità dell’aria nelle aree limitrofe all’impianto stesso, non ha validità scientifica e non risponde a caratteri di obiettività ed accuratezza dell’analisi. Infatti, l’annualità scelta è di per sé soggettiva e non rappresentativa delle condizioni meteo-climatiche tipiche del dominio geografico di interesse. Inoltre essa non tiene conto delle variazioni locali e stagionali delle condizioni meteo-climatiche. Questo è dimostrabile andando ad effettuare uno studio simile a quello redatto da MedoilGas Italia S.p.A. per Ombrina Mare, che parta però da un input differente, cioè da dati meteo-climatici (simulati o reali) che caratterizzano condizioni meteorologiche tipiche di ambienti costieri del dominio geografico del medio Adriatico. L’area in esame, cioè la costa abruzzese, è caratterizzata tipicamente da alcune configurazioni meteorologiche che si ripetono nel corso dell’anno:

a) condizioni di instabilità atmosferica prodotta dall’arrivo di perturbazioni, accompagnate da venti e pioggia, tipiche della stagione invernale: questa condizione è generalmente la più favorevole alla dispersione degli inquinanti che quindi si allontanano rapidamente dalla sorgente;

b) condizioni di stabilità atmosferica accompagnata da regimi di brezza, tipiche della stagione estiva: questa condizione presenta un’alternanza di situazioni di rischio, in quanto gli inquinanti vengono sospinti verso terra o allontanati verso mare in dipendenza dei venti di brezza;

c) condizioni di stabilità atmosferica accompagnate da subsidenza e inversione termica nei bassi strati, tipiche delle stagioni di transizione, soprattutto autunnali: queste condizioni sono accompagnate da un elevato rischio perché determinano la stagnazione degli inquinanti nei bassi strati e anche a contatto con il suolo, e talora fenomeni di fumigazione che risultano particolarmente pericolosi per le popolazioni che vivono a ridosso dell’impianto.

Utilizzando lo stesso simulatore impiegato per lo studio di impatto redatto da MedoilGas Italia S.p.A. per Ombrina Mare, cioè CALMET-CALPUFF, e imponendo come input i dati di emissione pubblicati nello stesso studio, ed i dati meteo-climatici derivati da misure reali (da stazioni certificate) e simulate (da ARL Air Resources Laboratory del NOAA) per quelli mancanti, il risultato che si ottiene circa la dispersione della nube di inquinanti è completamente diverso da quello pubblicato sullo studio di MedoilGas Italia S.p.A. per Ombrina Mare. In particolare, nei casi di venti verso costa e nel caso sfavorevole dell’inversione termica nei bassi strati, gli inquinanti vengono trasportati sulla costa, fino ad una distanza di qualche km nell’interno e quindi modificano in maniera importante la qualità dell’aria di questi settori”.

Quale rappresentatività può quindi avere uno studio di impatto ambientale così redatto e soprattutto si può essere tranquillizzati dal risultato di una valutazione basata sulla distribuzione di inquinanti atmosferici mediata nell’arco di un anno qualunque di riferimento, contro la variabilità stagionale che hanno i fenomeni atmosferici, a fronte di una durata presunta dell’attività industriale proposta che è di circa 25 anni?

“Da ultimo” conclude la Dott.ssa Pompilio, “va ricordato che la simulazione della dispersione degli inquinanti nel caso di incidente, e in una condizione di funzionamento di emergenza (peraltro statisticamente possibile nell’arco di un trentennio di attività), non è presa in considerazione nello studio di impatto, e la normativa prevede che, in caso di emergenza, le soglie ammissibili di emissione vengano ignorate, quindi in sostanza qualunque sia l’emissione, deve considerarsi a norma perché si tratta di un caso di emergenza. Va proposta una revisione delle modalità di redazione degli studi di impatto ambientale, nella direzione della considerazione di una casistica più ampia che risulti di fatto rappresentativa della variabilità dei fenomeni atmosferici naturali. Ed è irragionevole l’esclusione del caso di funzionamento di emergenza dalla modellizzazione dell’esposizione all’inquinamento atmosferico prodotto dall’impianto stesso”.

Ulteriori perplessità sono state espresse dal Prof. Stoppa in merito all’approccio tenuto in merito al fenomeno di induzione o generazione di terremoti collegati ad operazioni petrolifere, al centro dell’attenzione in questi ultimi tempi del mondo scientifico, sia in Italia che all’estero.

“In Abruzzo” ha dichiarato il Prof. Stoppa, “molti campi petroliferi corrispondono a strutture attive nel produrre terremoti: questo in genere è il caso dei pozzi su terra ferma. Il potenziale sismico di queste strutture è noto e si sa che possono produrre terremoti rovinosi (IX grado Mercalli ad Orsogna nel 1881) e forse disastrosi (X grado alla Majella nel 1706). Si sa anche che si tratta di faglie compressive potenzialmente “lubrificabili” da iniezioni di fluidi. Molti gruppi scientifici internazionali stanno studiando la possibilità di una sismicità indotta quando, come in questo caso, le trivellazioni sono profonde e raggiungono la struttura che provoca terremoti. Il terremoto viene “stimolato” e rilasciato prima del suo naturale tempo di ricorrenza. Per i pozzi a mare, come Ombrina, mancano dati certi sebbene si sappia che la fascia a largo della costa abruzzese, molisana e del Gargano è caratterizzata da una sismicità diversa da quella dell’entroterra, di tipo trascorrente, e, almeno per la zona garganica, si sa che si sono generati terremoti molto disastrosi (XI grado Mercalli nel 1627). Esiste la possibilità che, anche in assenza di una struttura sismica preesistente, sia proprio l’attività umana a “creare” le condizioni per produrre un terremoto. L’attenzione degli studiosi verso i fenomeni di induzione o generazione di terremoti collegati ad operazioni petrolifere fa capire che molti interrogativi restano aperti e che nessuno può dire se trivellare in dette condizioni sia sicuro o no. Molti studi devono essere ancora terminati e nel frattempo dovrebbe valere il principio di prudenza per cui non si dovrebbe perforare una zona simicamente attiva o non ancora ben modellata dal punto di vista del potenziale sismico”.

Una situazione, quindi, estremamente complessa che richiede i necessari approfondimenti e l’applicazione di criteri di tutela al fine di evitare di accorgersi troppo tardi degli errori fatti.

“Abbiamo già invitato il Presidente Luciano D’Alfonso a mettere in atto quello che non hanno voluto fare i suoi predecessori”, ha concluso Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia. “La Regione Abruzzo deve avere le migliori risorse disponibili per rispondere adeguatamente alle tantissime istanze di ricerca di idrocarburi che ormai interessano la terra ed il mare abruzzese. Deve dotarsi di una task-force multidisciplinare capace di affrontare il tema in ogni aspetto. In questi anni tanti studiosi hanno offerto le proprie competenze ad enti locali, comitati ed associazioni che hanno presentato centinaia di osservazioni contro i tantissimi progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi che hanno interessato il nostro territorio. La Regione deve mettere a frutto questo lavoro e potenziarlo se vuole effettivamente porre un argine alla petrolizzazione dell’Abruzzo”.

Cos’è Ombrina Mare?

A 6 km dalla Costa dei Trabocchi, individuata fin dal 2001 dal Parlamento Italiano come parco nazionale, dovrebbe sorgere la Piattaforma petrolifera Ombrina Mare.

Estesa 35 metri X 24 metri, alta 43,50 metri sul livello medio marino (come un palazzo di 10 piani), sarà collegata ai 4-6 pozzi che dovrebbero essere perforati in un periodo di avvio del progetto della durata di 6-9 mesi.

Solo in questa fase verrebbero prodotti 14.258,44 tonnellate di rifiuti, soprattutto fanghi di perforazione.

La piattaforma sarà collegata ad una grande nave della classe Panamax riadattata per diventare una vera e propria raffineria galleggiante, definita Floating Production, Storage and Offloading (FPSO), posizionata con ancoraggi a 10 km di distanza dalla costa.

Tale nave avrebbe le seguenti dimensioni: 320 metri di lunghezza per 33 di larghezza e 54 metri di altezza massima (le fiancate si alzeranno dal mare per 22 metri; per paragone, l’ingombro dello Stadio Adriatico di Pescara da curva a curva è 220 metri, 2/3 della lunghezza della nave).

La nave è destinata alle operazioni di separazione dell’olio dal gas, dissalazione e al delicato processo di desolforazione del gas, tre fasi normalmente considerate negli schemi dei petrolieri proprie della raffinazione (che ne comprende anche altre).

La FPSO potrà stoccare 50.000 tonnellate di olio oltre a 10/15.000 mc di acqua di formazione.

Ogni mese, per 25 anni, la FPSO verrà avvicinata da un’altra nave che caricherà l’olio per trasportarlo verso altre destinazioni.

Per collegare piattaforma, nave FPSO e Campo Santo Stefano (dove sarà diretto il gas addolcito), si dovranno realizzare da 36 a 42 km di condotte per olio, gas e acqua di produzione.

Per questa ragione, lungo 16/17 km di queste condotte sarà vietato l’ancoraggio a tutte le navi per una fascia larga 926 m.

Queste strutture rimarrebbero per almeno 26 anni, di cui 6/9 mesi destinati alla perforazione e 25 anni alla produzione.

La produzione giornaliera dovrebbe essere di 5/7.000 barili di olio e di 85.000 Smc di gas, pari, rispettivamente, allo 0,41-0,57% del consumo giornaliero di petrolio in Italia, allo 0,0001% del consumo di gas.

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