giovedì , 28 Marzo 2024

Pygmalion va in scena al Tipografia di Pescara

Pygmalion infatti non è uno scultore, ha sposato una donna

che non ama, non ha evidentemente il favore della dea Afrodite e

comunque sogna di poter creare una donna perfetta, quella che ha

sempre desiderato e che non può essere sua moglie. Pygmalion, prodotto

dall’Associazione ReTe, è interpretato da Lorenzo Marvelli, Carmen Nubla

e Massimiliano Elia; la scenografia di Angelo Bucciacchio e Francesca

Racano.

“…Avrai una donna bellissima. Con la pelle bianca. Da poter chiamare

Galatea…” da questo assunto nasce la follia del protagonista, un

macellaio consumato dal suo lavoro con le mani sempre sporche di

sangue animale che strofina con decisione perché non ne sopporta il

tanfo.
Pygmalion è un uomo solo ed alienato, a tratti allucinato e

delirante, in grado di comunicare in maniera diretta con uno strano

personaggio, probabilmente un direttore d’orchestra o forse un cantante

lirico o più semplicemente una figura clownesca a cui chiede

incessantemente consigli e ordini. Q
uesto strano personaggio incarna la

follia di Pygmalion e ne è una rappresentazione terrificante, per certi

versi anche comica. In sua compagnia, Pygmalion, attraversa eccezionali

stati di disordine mentale, cerca invano di comunicare con la moglie, una

donna problematica e alcolizzata con l’ossessione dell’ordine e del

telefono ma ogni volta i suoi tentativi falliscono.
Lo spettacolo attraversa

le pieghe della mente allucinata di un killer seriale di donne. Caotici stati

di percezione, l’alienazione per un lavoro insoddisfacente, il delirio, le

voci nella testa, la violenza accennata e mai agita completamente,

immagini false e paradossali prendono forma sulla scena. La moglie di

Pygmalion è un essere imperfetto, con le sue ossessioni e col suo

alcolismo cronico ma comunque incarna nella storia il ruolo della vittima.

Sotto la strana regia di un personaggio goffo e terribile, due esistenze ai

margini, quella della vittima e quella del suo carnefice, si scontrano

perché non sono più capaci di incontrarsi, perché parlano lingue diverse,

perché abitano spazi diversi pur vivendo nello stesso appartamento e,

come nel mito ovidiano, in conclusione è l’uomo a decidere, è lui a

scegliere la donna che vuole e non il contrario: l’uomo è artefice di

donne, è scultore di statue, è macellaio di corpi. Un assassino che,

almeno nell’intenzione e comunque solo vagamente, ricorda lo scultore

ovidiano de Le Metamorfosi, un uomo concentrato su di sé ed incapace di

riconoscere l’altro da sé. La follia di Pygmalion diviene così l’unica

possibilità di cercare, di immaginare, di desiderare un amore che non c’è

e che non potrà esserci se non nell’artificio, nella creazione di un

simulacro vivente.
I personaggi sulla scena si allontanano continuamente

dalla naturalezza, dalla quotidianità cercando sempre la sintesi nel gesto

estremo che è l’improvvisa immagine di un ricordo, di qualcosa che è

accaduto molto tempo fa e che ne trattiene il senso. Giovedì prossimo il

“Pygmalion” debutterà davanti alla platea del Tipografia, offrendo spunti

di riflessione sulle dinamiche di coppia moderne spesso frutto di amori

tormentati che sfiorano la follia.

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