venerdì , 29 Marzo 2024

Dalle associazioni pacifiste critiche per il centenario per l’ingresso dell’Italia in Prima Guerra Mondiale, ‘non c’era nulla da festeggiare’

«650.000 soldati morti, 600.000 vittime civili, oltre un milione di mutilati e feriti (altro che le poche migliaia che abbiamo letto e ascoltato in alcune celebrazioni in terra d’Abruzzo!) in nome di ciò che secondo Giovanni Giolitti poteva essere ottenuto con “una neutralità concordata”.
Questo è il bilancio davanti alla Storia della partecipazione italiana alla Prima Guerra Mondiale, incredibilmente festeggiata ed omaggiata orgogliosamente in queste ore anche in Abruzzo. -Così commenta Alessio Di Florio criticando le celebrazioni di questi giorni-Nulla c’è di cui essere orgogliosi, nulla da festeggiare davanti alla realtà storica di quella che Benedetto XV definì l’inutile strage.
Non è un retorico sfoggio di patriottismo e nazionalismo (cavalcate anche dalle novelle destre italiche …) che rende giustizia ai morti, agli invalidi civili, alle sofferenze inflitte al popolo italiano e ai popoli d’Europa.

Le associazioni mettono in luce come una riflessione critica abbia fatto decidere ai sindaci di Trento e Bolzano di rifiutare ogni forma di commemorazione per questa data, affermando che il 24 maggio può e dev’essere soltanto una giornata di lutto, il ricordo di una pagina nera della storia tutto tranne che da vantare.
«Concordiamo con le loro parole e con la loro scelta, che amareggia non sia stata particolarmente seguita in Abruzzo.

Se si vuol ricordare e rendere giustizia ai morti e alle sofferenze della Prima Guerra Mondiale, -commentano le associazioni pacifiste- al posto della retorica della Patria e della Nazione, andavano lette e diffuse le strazianti poesie di Giuseppe Ungaretti scritte in trincea, il “Giornale di guerra e di prigionia” di Carlo Emilio Gadda in cui emerge l’ottusità di ufficiali arroganti e l’insipienza criminale degli alti comandi, “Addio alle armi” di Ernest Hemingway e “Un anno sull’altopiano” di Emilio Lussu, grandi testimonianze del fanatismo di quella guerra, le lettere dei soldati che mandavano al diavolo la guerra e il re, che furono censurate, proiettare pubblicamente i capolavori cinematografici “La grande guerra” di Mario Monicelli del 1959, “Uomini contro” di Francesco Rosi del 1970, e il film “Tu ne tueras pas” di Autant Lara (“Non uccidere” nella versione italiana), che fu denunciato per vilipendio e proiettato pubblicamente nel 1961 dal sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con un coraggioso gesto di disobbedienza civile».

Di Florio poi commenta come oramai in tutte le scuole i libri di storia abbiano rivisto il tradizionale giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e rimarca quanto oggi prevalga una netta disapprovazione della guerra celebrata nelle piazze.
«Ci chiediamo -conclude- per quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga demolito dalla retorica».

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