giovedì , 25 Aprile 2024

Pescara Adopt Srebrenica – “Sguardi di pace lungo la rotta Adriatica”

Pescara. Si svolgerà dal 20 al 27 ottobre presso la Sala d’Annunzio dell’Aurum di Pescara l’evento “Sguardi di pace lungo la rotta Adriatica”, mostre fotografiche e incontri per un’Europa di pace, che apre le porte alla tre giorni di convegno “La terra ci è data in prestito dai nostri figli” che si svolgerà sempre all’Aurum da domani, venerdì 21 ottobre a domenica 23, due eventi che uniscono Comune di Pescara (Europe Direct), Fondazione Alexander Langer e Rete abruzzese di Adopt Srebrenica.
“Si rinnova una tradizione di vicinanza che vede Pescara e Srebrenica connesse non solo da una linea ideale che segna quei pochi km in linea d’aria – ha sottolineato il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini – vuole segnare un omaggio alla voglia di riscatto. Ricordo lo scorso anno, era il ventennale e c’era la presidente della Camera e questa è una formula che si ripete con successo. Momenti quelle delle stragi viste in un’ottica di riscatto u due strati che sono semplici e di grande ed immediato impatto: la fotografia che continua a trovare un mezzo espressivo formidabile , con uno scatto si possono dire tante cose, quelle che diremo utilizzando fiumi di parole nela nostra vita così piena di parole. Poi ci sono anche le parole dei dibattiti, la parola della testimonianza con degli ospiti che raccontano che cosa è stato avere la guerra in casa, che cosa è stato l’orrore ed il genocidio che non riguarda soltanto la deportazione di Auschwitz piuttosto che di Israele, deportazione che è stata a due passi da casa nostra. Mi colpiscono le due storie di Ziyo e Nina, mi colpisce il pensiero di Ziyo nel non coltivare l’odio che è una sfida grande e coglie il senso di come si debba lavorare per la pace. In fondo questa serie di iniziative è proprio finalizzata alla costruzione di un’Europa di pace. È poi la storia di Nina, guardiese di adozione, studia da noi per diventare notaio. Mi sembrano due belle storie di riscatto, di speranza e di futuro che impreziosiscono questa due giorni di dibattito. Auguro una grande frequentazione di questi spazi, ringrazio gli organizzatori per un impegno che non è di oggi e che continuerà anche domani”.
Al centro di tutto c’è l’impegno preso dalla municipalità e dalle associazioni con il progetto Progetto Adopt Srebrenica, che a un anno del ventennale del genocidio subito dalla città bosniaca, rilancia con due eventi di grande importanza per la costruzione della memoria e per aggiungere tasselli importanti alla rinascita della città colpita da quelle morti. Com’è noto, il progetto Adopt Srebrenica ha come capofila la Fondazione Alexander Langer di Bolzano e Tuzlanska, Amica di Tuzla.
“Ci tengo a ringraziare Edvige Ricci e tutte le persone che hanno organizzato questa iniziativa – ha detto l’assessore alle Politiche Europee e Cooperazione Laura Di Pietro – quando Edvige mi ha presentato il programma di quest’anno ho subito accolto la richiesta per due motivazioni: la prima è che mi ha parlato del nostro ospite-testimone di cui avevo letto la storia pochi giorni fa su Repubblica d ero rimasta particolarmente colpita, è una storia oggettivamente molto dura. Poi è bello perché parla di un senso di riscatto dell’ospite che credo sia sempre un sentimento nobile molto importante. Altro motivo è che ho ritenuto opportuno farlo in qualità di assessore alle Politiche Europee. Noi siamo in Europa, credo nell’Europa e fare tutto questo non è possibile se non ricordiamo quello che è successo appena 20 anni fa ad un passo da casa nostra. Molte volte si parla della Seconda Guerra Mondiale, di quello che è accaduto al popolo ebraico, ma questo è un genocidio molte volte dimenticato, Pescara lo ricorda ogni anno e sarà così negli anni a venire in modo che le generazioni a seguire sapranno cos’è accaduto in questa Europa che oggi celebriamo come democratica ma che per essere tale ha ancora un lungo percorso da fare”.
Al progetto aderiscono molte associazioni da tutta Italia, quelle abruzzesi coinvolte dal 2007 nella rete di Adopt Srebrenica sono: Capofila associazione Mila Donnambiente, vari Comuni fra cui Cepagatti, Caramanico, Penne, oltre Pescara, Anci Abruzzo, Donne in Campo, Scienza Under 18, Emporio Primo Vere, Associazione Donne Vestine, Confluenza, Baobab, Olis, Arci Pescara, Facoltà di lingue.
Due i piani di riflessione della mostra: “Non dimenticare Srebrenica” di Luciano D’Angelo, firma pescarese della fotografia oltre confine autore degli scatti realizzati lo scorso anno in occasione dei 20 anni dal genocidio; “Io non odio”, di Andrea Rizza, fotografo italo croato, attuale co-responsabile del Progetto Adopt Srebrenica della Fondazione Langer, entrambi presenti alla presentazione.
“Io conosco il contesto perché ci lavoro dal 2010 con la Fondazione – ha detto Andrea Rizza – per lavoro ho conosciuto Ziyo una volta che stavo andando a Belgrado, il nostro indispensabile contatto in Bosnia ci ha accompagnati per mano proprio a Srebrenica che quel giorno mi ha detto che avrei avuto una persona che ci avrebbe fatto compagnia che doveva andare al processo. Lì ho conosciuto la storia di Ziyo, avevamo ragazzi sia serbi che mussulmani sull’autobus e quando ho sentito questa storia da parte dei ragazzi serbi, il suo modo di raccontarla ha suscitato delle emozioni stupende all’interno del gruppo e questo significa che cosa significa fare memoria, quando una cosa è già successa la si può evitare, quando una cosa si chiama genocidio è perché è stata fatta. In questi anni in Bosnia ho sentito mille volte che avevano saputo della guerra in Croazia ma erano convinti che da loro non sarebbe mai successa, ed invece è successa. Il percorso che abbiamo deciso di intraprendere quando abbiamo pensato di raccontare la sua storia è quello di far capire cosa succede quando sta per arrivare qualcosa. La guerra in Bosnia inizia nell’aprile del ’92 e da come parte si capisce cosa sarebbe accaduto. L’Unione Europea fa creare lo spazio vitale per il proprio popolo eliminando dal proprio Paese chi secondo loro aveva l’identità sbagliata. Io l’ho chiamato il genocidio al rallentatore perché era tutto annunciato: c’erano le prime strategie, c’era la struttura politica, c’era una struttura militare, c’era una popolazione, il genocidio non lo si fa da soli. È arrivata in ogni parte della società la volontà di eliminare gli altri, chi non doveva stare in quei luoghi. La cosa è stata preparata, sono state preparate le condizioni per arrivare al genocidio di Srebrenica. Sulla situazione attuale c’è un grosso punto interrogativo con le elezioni che si sono svolte poche settimane fa, dalle urne è uscito per la prima volta dopo la guerra vincitore un serbo, è negazionista, quindi è una situazione abbastanza particolare in un contesto che dovrebbe essere simbolico per determinate cose”.
Agli eventi partecipa un ospite speciale, si tratta di Zijo Ribic, unico sopravvissuto e testimone dei fatti e dell’azione per la costruzione della memoria dal genocidio a oggi. Zijo è quel ragazzino rom che, a 7 anni (21 anni fa) rimase solo ferito sotto i corpi dei familiari e dei componenti del suo villaggio tutti sterminati in un raid di miliziani serbi durante la guerra balcanica. Oggi testimonia la possibilità di farcela, con gli aiuti giusti – senza essere condannati ad un eterno passato, proprio evitando di predicare odio e vendetta, ma lavorando per la pace propria e quindi di tutti. Il suo “Io non odio£ è anche il titolo della mostra.
Con lui, Nina Delalic, una giovane da poco laureata che appartiene al gruppo numeroso della diaspora bosniaca in Italia. Oggi vive con la sua famiglia in Italia, si è laureata a Bologna, sta facendo tirocinio per divenire notaia: “Sono una “majellana” acquisita, Guardiagrele è il mio Paese – dice presentandosi – Qui in Abruzzo mi sento a casa, ma quello che abbiamo vissuto nella mia terra ci ha cambiato e ci rende orgogliosi della forza di quanto da lì stanno chiedendo giustizia e di non essere dimenticati.
“La loro storia fa capire in che contesto è successo questo dramma – ha affermato Luciano D’Angelo – in quegli anni a Pescara sotto l’ombrellone si sentivano le canzoni dei Righeira e probabilmente nessuno sapeva niente di quello che stava succedendo a mezz’ora di volo da noi. Ma possibilmente c’era anche una distrazione politica, una distrazione culturale perché il problema non si voleva far conoscere e non si voleva prendere coscienza di quello che succedeva. Edvige è stato un po’ il punto nodale in questo progetto, sarà la sua volontà di intercedere con alcuni personaggi che sono molto vicini e molto utili, probabilmente questa mostra di fotografia non sarebbe stata possibile. Credo che tutti abbiamo avuto qualche incubo qualche notte, appena svegliati è la cosa più difficile, non ci sono parole, capacità per raccontare un incubo perché è pesante. Viene vissuto nel momento in cui qualcuno crede di poter dire delle verità. Srebrenica è un non luogo, è un punto di non ritorno, è la ricostruzione, personalmente ci credo molto poco. Figuriamoci se c’è la volontà di ricostruire un non luogo che è diventato un simbolo del genocidio. La possibilità di fare questo servizio è stata legata alla possibilità di incontrare certi personaggi. Mi è stato reso possibile fotografare la tragedia ma non ero in grado di capre l’entità di quello che stavo fotografando. Avvertivo un senso emozionale molto forte, mi impegnato di poter rispettar i loro racconti. Al di la di questo è molto complicato, è molto difficile raccontare un’esperienza toccante, sentire delle persone che hanno perso a livello genitoriale tutto, famiglie che sono state azzerate. Sento tante volte le parole odio e perdono, probabilmente la cultura eurocentrica non è codificata per dare un significato a questi due termini. La nostra società è ridotta a zero, io non sono in grado di capire questa equazione. Non è facile essere sradicati dalla propria cultura e dal proprio territorio e ricominciare in un’altra terra”.

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