martedì , 19 Marzo 2024

All’Aurum il 2 ottobre la performance art “Mater Dolorosa”

“L’evento sarà una riflessione collettiva sul dolore – così  assessore alla Cultura Giovanni Di Iacovo – un incontro fra sensibilità diverse che si trasfigura in una performance di cui ognuno è parte. Si tratta di un’occasione unica per diventare parte del progetto e promuoverne la singolarità e l’intensità. Lo è anche per riflettere a voce alta su un tema universale, qual è la solitudine e l’amore familiare, filiale, eterno”.

 

“Nulla come una performance mette in gioco il corpo dell’artista – così l’autrice Mandra Cerrone– –  Può sembrare una banalità e tuttavia conviene considerare quanto corpo di artista ci sia sempre in un’opera d’arte, ma come, solo nella performance, l’artista concede che si acceda al suo corpo. Centrale in questi anni nella riflessione femminista, l’idea di vulnerabilità si è pian piano trasformata tanto da sovvertire quasi il suo etimo. Nella sua ricerca di un punto di vista da cui guardare il mondo, immergendosene fino ad ascoltare il battito del suo cuore, Mandra Stella Cerrone, nelle sue performances, è sempre partita da sé, cioè mettendo in gioco frammenti del suo esistere. In Mater Dolorosa compie un altro, difficile, passo: partire da sé per raccontare le altre. Nella storia delle donne è sempre esistita, spesso seguendo una tradizione orale, l’autobiografia collettiva, cioè un narrare la storia come se fosse la propria vicenda personale o piuttosto come se la propria vicenda personale si disponesse dentro la coralità, frutto del tessuto di relazioni femminili”.

 

“Recentemente l’autobiografia collettiva è diventata un vero genere letterario per trovare un elemento di forza nella ricostruzione degli avvenimenti più tragici della storia del secolo scorso – così la curatrice  Michela Becchis – Non è un caso che il genere sia stato molto utilizzato in ambito tedesco. Ma, c’è un ma; infatti questa modalità di racconto prende un nome particolare e cioè Familienromane. L’intersezione del dato storico e dell’esperienza personale si sviluppa solamente dentro l’alveo familiare. Nella sempre praticata storiografia al femminile invece il tracciato della parentela veniva abitualmente oltrepassato per abbracciare relazioni ben più ampie stabilite su un’alleanza e una partecipazione anche intergenerazionale dove l’esistenza di ognuno si intreccia e si fonde con il movimento di una generazione, in quella che la scrittrice Annie Ernaux chiama autobiografia impersonale. La mostra si riallaccia a questa antica prassi per far proprie altre relazioni, le più profonde, e tra queste quella che mette in più stretta relazione i corpi, quella tra madre e figli, la più intima, emozionante e affettiva delle estraneità. Chi è il figlio? Chi è quell’individuo il cui corpo prende forma nella madre e che la madre sentirà per sempre come parte indissolubile e fisica di sé? Chi è quella creatura che qualunque ruolo gli sia stato inflitto dalla volontà violenta e terribile di chi con indifferenza decide delle altrui vite, sempre muore solo, nella più oscena delle solitudini? Un mantra è quello che ripetono le madri a cui muore violentemente un figlio: “Dov’ero io mentre tu morivi?”. Una domanda tragica e corporale, perché è impossibile essere altrove quando viene tagliato via un pezzo del nostro corpo. Se nella tradizione cristiana il corporale è il panno dove viene poggiata l’ostia, cioè un simulacro di corpo, Mandra Stella Cerrone trasforma in corporale laico, quel che resta di quella parte di sé smembrata via. L’abito, che le madri piegano come cura e estrema carezza al figlio perduto, si trasforma in habitus, cioè il contenitore non solo del corpo negato ma anche delle attitudini, dei desideri, del carattere, dei sorrisi, della rabbia e della tenerezza di colui (eh già, quasi sempre un maschio) che mai più indosserà la vita”.

 

Partecipano alla performance: Annie Di Sante Marolli, Clarisa Gil, Daniela Aubrechtova, Donatella D’Emilio, Mania Mehrabi, Zuleika Fusco, Ph Manuel Vallescura, Riprese video Bruno Imbastaro

Media Melasecca PressOffice.

 

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