sabato , 27 Aprile 2024

Il Pentagramma nel piatto: alla scoperta di un Abruzzo nascosto

Nell’età del rame, oltre 5000 anni fa, un piccolo uomo vestito di paglia fronteggiava l’ambiente ostile delle Alpi con grande successo. Non fu la montagna e la sua neve ad addormentarlo, ma le ferite procurategli da frecce scagliate dai suoi simili. Otzi, è questo il nome con cui il mondo lo conosce, è arrivato fino a noi dormendo sotto metri di neve.
Nella sua bisaccia di rafia portava pezzi di fungo con cui accendeva il fuoco. Con alcuni miceti curava le sue ferite e con altri ancora, sfruttandone le doti allucinogene, parlava con il suo Dio. Ora il piccolo uomo è solo una mummia, ma Il suo corredo parla per lui. La rafia sapientemente intrecciata, le armi, i funghi nella bisaccia ci raccontano la sua straordinaria conoscenza dell’ambiente che lo circondava. L’uomo, nonostante fosse di piccola statura, fronteggiava il suo mondo come un gigante.

IL FORMAGGIO

Sempre cinquemila anni fa un pastore asiatico, percorrendo le distese dell’attuale Iraq con il suo gregge di pecore, si accorse che il latte contenuto in una ghirba ricavata dallo stomaco di un’animale era diventato solido.
Quell’uomo non era un bio-chimico, ma capì che nella sua vita ed in quella dei suoi simili qualcosa era cambiato. Il più prezioso degli alimenti,Il latte, poteva essere conservato allo stato solido e per lungo tempo.
Era nato il formaggio che oggi delizia i nostri palati, e che per millenni è stato alimento di sopravvivenza.

LE CARNI

Ancora prima di cinquemila anni fa gli uomini, per sopravvivere in un ambiente ostile fatto di ghiaccio, avevano bisogno di 6000-7000 Kilocalorie. Dapprima sotterravano le loro prede per sottrarle all’azione disfacente dell’aria.
Poi scoprirono, dimenticando un pezzo di carne vicino al fuoco, che il fumo preservava il prezioso alimento dal gioco del tempo. Dopo questa scoperta abbiamo impiegato millenni per elaborare il prosciutto che, oltre gioia per il palato, è fonte di proteine nobili.

Furono i Romani, con la loro potente macchina da guerra e la loro insaziabile fame di conquista, a diffondere fra le genti il formaggio, i salumi, la conoscenza sui funghi e i primi emetici per contravvenire al loro veleno.

VINO E OLIO
Nelle vigne sul Vesuvio coltivavano ottimo Falerno che ahimè! Allungavano con acqua e miele da abbinare alla loro ricca cucina.

Per primi classificarono l’olio d’oliva in Olio extra vergine, olio vergine, olio di oliva e lampante. Abbiamo perso questa conoscenza per duemila anni per riconquistarla solo da qualche decennio.
I romani diffusero le loro competenze al pari della crocifissione e la spada con cui sottomettevano chi si opponeva. Giulio Cesare, nel suo “De bello Gallico”, elaborò per primo la dieta ideale per combattenti e sicuramente la cucina romana del I° secolo d.c. può essere considerato il primo grande periodo dell’enogastronomia occidentale.

Oggi un Vigneron Francese o un produttore di vini italiano sicuramente non si sente un “cafone” come un antico contadino del passato Regno di Napoli.
Questi si legavano “Cò a fune” per non perdersi al mercato e finirono per guadagnarsi in modo perenne quest’appellativo che fu appiccicato, senza scampo, a tutti i contadini, senza distinzione. Il Vigneron si sente un artista che coltivando la “crù o la vigna” intaglia i grandi vini che con i loro nomi svegliano il mondo. Chateaux Petrus, Barolo, Chateaux margaux…Brunello di Montalcino.. Chablis…Friulano, Amarone.

L’ABRUZZO E I SUOI PRODOTTI

Noi abruzzesi oggi possiamo dire che abbiamo recuperato la curiosità di Otzi. Del pastore mesopotamico. Dell’ominide che ha scoperto il sapone ed ha affumicato per primo la carne. Dei nostri progenitori latini che hanno inventato l’olivicoltura ed hanno trasformato e classificati i primi oli di oliva. Abbiamo percorso tanta strada dal 2000 a.c. quando i commercianti egei e i navigatori fenici hanno sbarcato in Sicilia la prima vite e i nostri vini sono apprezzati in tutto il mondo.

Le nostre piccole aziende elaborano prodotti enogastronomici con la stessa grande curiosità dei nostri progenitori ma supportati da tecnologie avveniristiche. Il mio ruolo, per voi, sarà quello di uno scout alla perenne ricerca di produzioni di eccellenza. Voglio cercare e dare notizia di tutti i formaggi degni di nota. Il cacio fiore aquilano tanto ambito dai briganti che, a quanto sembra, piace anche ai loro discendenti.

LA MASCIONARA ECCELLENZA ABRUZZESE

Voglio raccontarvi perché “La Mascionara” di Campotosto, che produce e commercializza questa delizia da qualche anno, vince tutte le competizioni che il mondo del formaggio organizza.
L’azienda è diventata dirompente non solo con il cacio fiore ma con tutti i prodotti caseari che produce. Io non penso che Rinaldo e i suoi abbiano imparato a fare il formaggio solo ora.
Il cacio, in azienda, è sempre stato prodotto e con buoni risultati.
Oggi, però, la mascionara, parla un linguaggio nuovo con cui riesce a fondere passato, presente e futuro e, così facendo, dialoga con il mondo.
Ogni forma del suo “cacio” racconta una storia diversa fatta di prati, pascoli e dei fiori che li abitano. Si riesce, attraverso il gusto dei suoi prodotti, a catapultarsi in un mondo in cui non siamo mai vissuti e sentirsi, in questo modo, privilegiati. In quest’ottica il formaggio smette di essere cibo e diventa musica e… sorride.

Il Pentagramma nel piatto

Ecco! Chiamerò questa rubrica “Il Pentagramma nel piatto”. Svincolerò i prodotti di cui vi parlerò in futuro dal semplice ruolo di cibo, alimento, nutrimento o vivanda e ve li esporrò sotto un profilo nuovo. Come la musica che ci sazia dentro.
Formaggio, vino, funghi, salumi, olio, tartufi che smettono di essere solo cibo e diventano note vivaci e musicali di un grande pentagramma che ci rallegra l’animo.

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