martedì , 19 Marzo 2024

Regolamento antenne e 5G a Pescara e Chieti. Il WWF invoca il principio di precauzione

«Prima di tutto la salute dei cittadin

Il WWF Chieti-Pescara torna a occuparsi di telecomunicazioni e in particolare della tecnologia 5G per due eventi che tengono alta anche in Abruzzo l’attenzione su questa problematica: il Comune di Pescara sta avviando la fase consultiva sul Regolamento antenne mentre il Comune di Chieti, che tale Regolamento lo ha invece già approvato (all’unanimità) da qualche mese è stato chiamato a difenderlo di fronte al TAR per via di un ricorso della TIM che ne contesta alcuni passaggi, a cominciare proprio dalla norma cautelare che vieta i 5G sino a quando non ne sia provata l’innocuità per i cittadini.

«È il caso di ricordare che la tecnologia 5G utilizzerà frequenze più elevate e onde millimetriche, oltre alle microonde oggi impiegate per le telecomunicazioni di seconda, terza e quarta generazione –commentano gli ambientalisti che aggiungono– una differenza sostanziale: il 5G ha copertura limitata ed è soggetta a interferenze causate da muri, alberi e, pare, persino dalla pioggia. Quindi, perché possa funzionare a dovere, ha bisogno di antenne sì molto più piccole, ma assai numerose, addirittura 800 stazioni base per chilometro quadrato: microcelle con un raggio di azione di 20 metri contro le macrocelle da 2-15 km delle tecnologie 3 e 4G. La conseguenza pratica è che la popolazione e l’ambiente saranno costantemente esposti, senza che ci sia ad oggi alcuna certezza sulla innocuità delle radiazioni emesse da questo spettro di banda. Del resto pure le tecnologie attualmente in uso sono state accolte e usate con superficiale disattenzione. E oggi a fronte di una immensa pressione anche mediatica che esalta i vantaggi del progresso tecnologico, comprensibilmente sponsorizzata dall’industria delle telecomunicazioni che ha investito somme enormi nel settore, solo una minoranza di medici e di ricercatori ha compiuto studi sull’impatto sanitario che potrà avere il tanto propagandato “internet delle cose”. È ovvio che se colloquiare con gli elettrodomestici di casa attraverso il web dovesse comportare rischi per il benessere dei nostri figli e di noi stessi, molti avrebbero un approccio più prudente nei confronti di questa novità. Il punto è che i governi, a ogni livello, sono tenuti a occuparsi della salute prima ancora che di economia. Anche l’Europa, che viene spesso invocata come sponsor delle innovazioni tecnologiche, propagandate come necessarie per tenere il passo di altre parti di un mondo sempre più interconnesso e in perenne competizione, in realtà vive una irrisolta contraddizione tra la spinta alla crescita e l’applicazione del principio di precauzione, da anni invocata dall’Agenzia europea dell’ambiente, che peraltro chiede ai governi di informare di più e meglio i cittadini dei potenziali rischi, in particolare per i bambini, rischi – si badi bene – connessi anche alle attuali tecnologie».

Il WWF fa notare come la giurisprudenza abbia in anni recenti sancito anche ai massimi livelli (Cassazione, sentenza 17438/2012) come siano da tenere in maggior credito gli studi indipendenti rispetto a quelli finanziati da compagnie di telecomunicazioni o comunque svolti da autori in situazione di conflitto di interessi. «Ebbene numerose ricerche non sponsorizzate invitano alla prudenza nell’uso dei telefonini mentre una ampia parte della comunità scientifica, e in particolare quella del settore medico, teme impatti negativi legati all’aumento di esposizione connesso al 5G. Gli appelli alle Nazioni Unite (2015) e all’Unione europea (2017) per una moratoria sul 5G fino a quando studi indipendenti non abbiamo chiarito i rischi potenziali per la salute è per l’ambiente sono stati sinora firmati da oltre 260 scienziati di tutto il mondo!»

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